Long-term singlehood è la locuzione inglese per definire una condizione sempre più diffusa, soprattutto nel mondo occidentale, che possiamo tradurre con solitudine sentimentale protratta nel tempo. Situazione che ha ispirato molte ricerche tra le quali spicca per esaustività quella condotta da C. A. Pepping, G. MacDonald e P. J. Devis.
L’obiettivo è quello di studiare e definire i, diciamo così, single impenitenti nella loro eterogeneità e complessità a fronte di un contesto sociale in continua evoluzione che ha legittimato forme di unioni meno convenzionali.
Ciò a cui gli studiosi cercano di rispondere è, in realtà, la Domanda con la D maiuscola, cioè: perché alcune persone non hanno una relazione stabile da molto tempo?
Per alcuni, è una scelta personale; per altri è lo specchio di un’oggettiva difficoltà a stabilire o mantenere un legame. La psicologia ci dice, senza voler generalizzare, che i single sono spesso persone insicure e che tale insicurezza affondi sovente origine nell’infanzia. Ad ogni modo, i percorsi individuali che conducono a tale dimensione, sono talmente eterogenei da rendere molto complicato un inquadramento definitivo.
L’uomo ha insito l’istinto al legame, ciò che conduce il bambino ad attaccarsi affettivamente alle figure che lo accudiscono. È proprio in questa fase che si generano le principali differenze tra un individuo e l’altro, in base a come le figure di riferimento rispondono in termini di amore alle esigenze del bambino.
I nostri studiosi, facendo riferimento a numerose altre ricerche, offrono due risposte possibili in caso di bisogni emotivi mal soddisfatti in tenera età:
IPERATTIVAZIONE: intensa ricerca del legame affettivo.
DISATTIVAZIONE: soppressione del bisogno di legame e riduzione della ricerca di contatto come risultato di una sorta di indisponibilità da parte di chi ha prestato le prime cure, presumibilmente, ma non necessariamente, i genitori.
La prima si caratterizza per un’accresciuta sensibilità al rifiuto e all’abbandono che diventa rabbia e angoscia qualora il bisogno di amore venga disatteso.
Per contro, la disattivazione è proprio una repressione del bisogno d’amore, una forte sensazione di disagio quando le distanze fisiche ed emotive tendono ad accorciarsi.
In sintesi, chi non soffre di ANSIA DA LEGAMI AFFETTIVI ha interiorizzato modelli positivi che, evidentemente, conducono a relazioni positive laddove modelli fragili conducono ad instabilità emotiva.
Comunque, senza mai prescindere dall’eterogeneità, comparando i single con gli accoppiati, non è certo semplice cogliere la diversa individualità. È però piuttosto proficuo insistere su come diversi orientamenti sentimentali siano frutto di processi cognitivi, comportamentali e affettivi UNICI.
Vediamoli nel dettaglio.
DISATTIVAZIONE
La disattivazione avrebbe il compito di preservare la vulnerabilità a cui l’intimità espone per sua natura: si preferisce evitare situazioni coinvolgenti per timore di fallimenti e sofferenze.
L’individuo che ne è colpito preferisce mantenere una certa distanza emotiva, ha poche manifestazioni di affetto, è attento a non svelarsi troppo, tende a sottrarsi anche dal confronto verbale.
In una dinamica tradizionale di coppia, per esempio, le persone saranno evasive, tenderanno a non cercare il partner nei momenti di difficoltà.
Si cercherà, insomma, sempre di fuggire da una relazione troppo impegnativa.
La realtà è che tali individui hanno grande bisogno di amore, ma la paura di soffrirne è ancora più grande e così ripiegano su altre forme di appagamento quali, ad esempio, la ricerca del successo lavorativo.
IPERATTIVAZIONE
Cosa caratterizza invece l’iperattivazione? Sicuramente poca comunicabilità e poca propensione alla risoluzione dei problemi. Gli “iperattivati” sono soggetti altamente ansiosi, che rimangono molto legati agli ex partners, disponibili a relazioni sessuali rischiose, e che non si sottraggono a relazioni instabili.
All’apparenza molto aperti ai rapporti interpersonali, nutrono in realtà poca fiducia sia nel partner che nella riuscita della relazione, ciò riduce notevolmente la qualità dei legami soprattutto considerando che sono sempre in cerca di conferme e rassicurazioni e vivono i conflitti con forte sofferenza.
Tuttavia, temono la solitudine affettiva e continuano a cercare un amore romantico.
SINGLE PER SCELTA
C’è poi chi sceglie consapevolmente di non legarsi a nessuno. I legami intrecciati nell’arco dell’esistenza, bastano a soddisfare il bisogno di amore. Si deve comunque distinguere tra chi compie una scelta consapevole e chi una scelta obbligata. I primi hanno, ovviamente, una vita più piena e soddisfacente, sono persone autonome, che bastano a se stesse.
Alla seconda categoria appartengono invece individui che si sono votati alla carriera, alla religione o che, molto semplicemente, preferiscono trascorrere del tempo da soli.
Comunque sia, è più frequente che le persone dichiarino che la propria condizione di single derivi da una scelta piuttosto che da problemi relazionali.
Quello che sappiamo per certo è che la maggior parte dei single analizzati riferisce di rotture significative con persone care alla base della scelta: ne consegue che proprio dalle modalità di tali fratture derivi la maggiore o minore soddisfazione.
CONCLUDENDO
Abbiamo qui riproposto una ricerca che ha esaminato tre diverse tipologie di single. Menzione a parte meritano LEGAMI DISORGANIZZATI, una sorta di DISORDINE SENTIMENTALE, caratterizzati da incoerenze, paure significative che possono coesistere coi legami ansiosi. In coppia, si può essere confusi e contraddittori così come si può essere in apprensione o, ancora, distanti.
I legami disorganizzati andrebbero trattati come sottogruppo a parte e ultimamente ad essi è stata dedicata maggiore attenzione. Negli ultimi anni si può avere accesso a nuove tecnologie riproduttive, sono caduti molti tabù sessuali e le donne possono contare sulla propria indipendenza economica.
Tutti fattori da considerare, specialmente per quanto riguarda la libera scelta di rimanere da soli.
Siamo, dunque, ancora a un punto di partenza nello studio di una condizione sociale sempre più diffusa.
Ma tant’è. Del resto, chi ben comincia…