I morsi
Il morso, comportamento comune sotto i 3 anni di età, crea ansia e stress nei genitori e negli adulti che si prendono cura dei bambini: il genitore della vittima prova molto dispiacere, teme che si ripeterà e si interroga sulle capacità del proprio/a figlio/a di affrontare queste situazioni; il genitore del bambino/a che morde vive una situazione in cui ha timore che il proprio bambino o la propria bambina possa essere giudicato/a, che possa continuare a lungo con questo comportamento, che venga isolata/o o allontanata/o dai compagni e può sperimentare sentimenti di vergogna e di paura rispetto alla reazione degli altri genitori.
Ma cosa c’è dietro questi comportamenti?
Il morso viene spesso erroneamente letto come problematico o aggressivo, come se fosse dovuto ad un intoppo nello sviluppo, ma in realtà si tratta il più delle volte di una reazione normale all’interno di un passaggio evolutivo: il/la bambino/a che morde non è affatto un/una bambino/a cattivo/a!
Le ricerche scientifiche sull’argomento hanno individuato diverse spiegazioni che spingerebbero il bambino a mordere:
1) La Frustrazione: Il bambino può sentirsi frustato per varie ragioni, come ad esempio perché vorrebbe esprimere qualcosa ma non sa esattamente di cosa si tratta e non riesce a farlo, vorrebbe ottenere qualcosa che non può o non riesce ad avere come ad esempio un giocattolo o l’attenzione di un genitore o di un coetaneo, per un eccesso o una carenza di stimoli, ecc.
2) Immaturità nelle abilità comunicative: Il morso è infatti abbastanza frequente nei bambini che non hanno iniziato a parlare o che stanno iniziando a farlo ma non padroneggiando ancora il linguaggio non riescono ad esprimersi.
3) Immaturità emozionale: A questa età i bambini e le bambine non hanno ancora acquisito la capacità di gestire le emozioni, non riescono a capire cosa gli sta accadendo e non sanno come gestirle e scaricarle.
4) Imitazione: Imitano un compagno o una compagna.
5) Dentizione: Quando si tratta di una risposta naturale al disagio dovuto alla dentizione è possibile farvi fronte applicando un massaggio alle gengive o offrendo degli oggetti sostitutivi in grado di alleviare il dolore.
6) Curiosità e Conoscenza: Ricorderete come nei primi mesi di vita soprattutto vostra/o figlia/o portava qualsiasi oggetto alla bocca. Sappiamo che la bocca è il primo canale di conoscenza e di piacere delle/dei bimbe/i: Attraverso la bocca scoprono il cibo, ricevono piacere e conforto incontrando il seno della mamma o grazie alla suzione del biberon che rilascia il latte e al ciuccio come calmante. È ciò che Freud aveva chiamato fase orale, nella sua teoria dello sviluppo psicosessuale, nella quale l’attenzione e il piacere si concentra e si ottiene attraverso la bocca.
Più in generale possiamo affermare che il morso parte da una tensione emozionale fisiologica del bambino, un’emozione che sta provando in quel momento (Rabbia, felicità, Eccitamento, Paura, Tristezza, Dolore) che deve in qualche modo “scaricare” e non sa come gestire perché non ha ancora acquisito gli strumenti per farlo. È allora nostro compito aiutarla/o a raggiungere la conquista di un funzionamento emotivo e affettivo funzionale.
I “Capricci”
Passando ad analizzare ciò che viene chiamato “capriccio” è importante chiarire che origina da un bisogno, nasce da un senso di frustrazione che il bambino non può ancora gestire.
I bisogni e le frustrazioni dei bisogni, anche qui, possono essere vari:
1) Bisogno di controllo: Sente che non può controllare la situazione e questo lo fa sentire spaventato e frustrato. Se ci pensiamo bene, noi scegliamo per i nostri figli: scegliamo i vestiti che indosseranno quando andiamo a comprarli, scegliamo di portarli al nido o affidarli a nonni o babysitter quando andiamo a lavorare mentre loro subiscono passivamente le nostre decisioni. Questo produce in loro paura e senso di mancanza di controllo.
2) Bisogno di attenzione e vicinanza: Capita spesso che bimbe e bimbi sentano bisogno della nostra attenzione, ad esempio quando siamo al telefono, quando stiamo cucinando, o quando “si trova tra i piedi” un fratellino più piccolo. Tale necessità è in altre parole un bisogno di ricevere amore ed è assolutamente legittima. Rendiamoci conto che il bambino non “lo fa per attirare l’attenzione” ma lo fa perché ne ha bisogno.
3) Non possono avere ciò che vogliono e non ne comprendono il motivo
4) Non sa cosa vuole
5) Non riesce a scegliere tra 2 opzioni come ad esempio mangiare e giocare
6) Desiderio di autonomia e crescita: Hanno bisogno di fare da soli, come ad esempio vestirsi, mangiare, ecc
7) Non riesce ad esprimere chiaramente il proprio bisogno.
8) Fame
9) Sonno e stanchezza
Come gestire i capricci?
Può essere soprattutto d’aiuto acquisire degli strumenti e strategie per gestire il comportamento.
1) Per prima cosa è necessario Osservare la/il bambino per avere un’idea di come e quando si presenta il comportamento, scoprire cosa lo scatena ci permetterà non solo di comprenderne il senso ma soprattutto di comprendere di cosa ha bisogno nostra/o Figlia/ in quel momento.
2) Il secondo passo dopo aver riconosciuto ciò che ha provato il bambino in quel momento consiste nell’accettarlo: Ogni emozione è legittima, non possiamo scegliere cosa provare e mentre noi adulti possiamo però scegliere cosa fare dopo aver sperimentato l’emozione, dopo averla sentita, il bambino non è ancora in grado di farlo. È stato dimostrato che quando l’adulto accetta i morsi come un possibile comportamento legato all’età quel comportamento si riduce naturalmente con il tempo.
3) E’ il momento di restituire un senso a ciò che prova, ad esempio se Giovanni è arrabbiato perché Mario gli ha sottratto un giochino possiamo dirgli “mi sembra che ti sei sentito molto arrabbiato perché ti è stato portato via il trenino”.
4) Restituire che il morso non va bene perché l’altra/o sente dolore
5) Nell’ultima fase passiamo ad esplorare insieme al bambino delle nuove strategie più adeguate e accettabili: “forse la prossima volta potresti…”.
Cosa non è assolutamente consigliabile fare?
1) Restituire il morso al bambino perché non solo potrebbe prenderlo come un gioco ma ciò che soprattutto potrebbe passare è che bisogna aver paura dell’autorità genitoriale che punisce.
2) Rimproverarlo non serve a nulla, non ha deliberatamente scelto quel comportamento, non ha potuto far a meno di compiere l’atto e non è riuscito a fermarsi e spesso si sente in colpa subito dopo per averlo commesso.
3) Isolare il bambino o colpevolizzarlo
Anche nel caso del “capriccio” è opportuno partire dall’osservazione del bambino, cercando di capire cosa gli sta accadendo, di cosa ha bisogno e gli viene “negato”.
Il “capriccio”, che d’ora in poi chiamerò Crisi, varia in base all’età del bambino.
A 18 mesi, infatti, la crisi ha una durata di circa 3 minuti, inizia e finisce improvvisamente e ha solitamente una natura relazionale, vale a dire che in quel momento sta accadendo qualcosa tra di voi in quel momento. Si manifestano essenzialmente in due modi:
- a) il bambino o la bambina si butta a terra ai vostri piedi sbattendo braccia e gambe
- b) ci spinge via, corre lontano da voi, potrebbe tirare calci, ma rimane sempre nel vostro campo visivo perché ha necessità di voi e in questo modo può controllare le vostre reazioni.
Solitamente finita la crisi la bambina o il bambino torna a sorridere dopo poco.
Nei bambini più grandi, che hanno una diversa consapevolezza di sé, una maggiore comprensione del linguaggio, e competenze sociali più evolute, le crisi durano più a lungo, non hanno necessariamente un’origine relazionale e seguono delle fasi specifiche:
Fase 1 o pre-crisi: Il bambino inizia a brontolare, si lamenta e possiamo iniziare a prevedere che ci sarà la crisi. In questa fase possono a volte essere interrotti utilizzando l’umorismo. Una faccia buffa, uno starnuto megagalattico.. Chi meglio di te sa cosa fa ridere tua/o figlia/o?
Fase 2 in piedi: Potrebbe urlare, agita gambe e braccia e potrebbe sferrare dei colpi.
Fase 3 a terra: Si butta a terra, sferra calci e si potrebbe far male.
Fase 4 o della Tristezza: piange e singhiozza, è triste perché è ora pensa di aver fatto qualcosa che non doveva fare. E’ il momento in cui ha necessità della nostra vicinanza e di essere confortato/a e ciò che dobbiamo fare in questa fase è essere presenti, pronti a coccolarla/o e confortarla/o se lo accetto e lo richiede e se non dovesse accettare di essere consolata/o è sufficiente che percepisca che ci siamo per lei o lui.
Come gestire la crisi già partita
Il bambino avverte che sta perdendo il controllo durante la crisi, è una percezione molto spiacevole per lui, avrà bisogno che almeno noi abbiamo il controllo della situazione in modo da farlo sentire al sicuro e sorretto, questo di per sé sarà rassicurante e gli/le insegnerà come controllarsi in futuro.
Vi potrà accadere di arrabbiarvi, e se ancora non lo avevate immaginato perfetto.. sappiate che può succedere! Le crisi mettono a dura prova la nostra pazienza e a volte pensiamo di non sapere come gestirle ma ricordate: Il fatto che non siete stati in grado di fare qualcosa di utile una volta non significa che non lo farete in futuro!
Se vi capita di arrabbiarvi sappiate che è normale sentirvi così, che la rabbia ha un inizio, raggiunge un picco e poi decresce per interrompersi. Ciò che potete fare d’ora in poi è ascoltare ciò che provate, e scegliere successivamente cosa fare di utile per voi e i/le vostri/e figli/e e per la vostra relazione:
Potete provare ad allontanarvi con calma e senza urlare dal/dalla Bambino/a per qualche minuto, assicurandovi che è comunque in sicurezza e non può farsi male. Questo vi darà un po’ di tempo affinché la rabbia si plachi e vi permetterà di pianificare il vostro comportamento nei prossimi minuti.
La rabbia come tutte le emozioni può essere semplicemente espressa e non c’è nulla di male nel farlo ad esempio dicendo ” mi sento arrabbiato” piuttosto che “mi hai fatto arrabbiare” o urlando.
Se vi capita di mostrare la vostra rabbia alla /al bambina/o, ad esempio alzando la voce, potete chiedere scusa e abbracciarla/o in modo che capisca che siete in grado di uscire dall’emozione spiacevole e di controllarvi.
Ciò non toglie che dovrete scegliere delle chiare regole e dei no e che sarete fermi nelle vostre decisioni. Sceglietele con cura, prendendo in considerazione solo ciò che ritenete davvero importante (ad esempio se per voi non è così grave che mangi un secondo biscottino, lasciateglielo mangiare), fatelo prima che si presentino le crisi, condivideteli con le/i vostre/i partner e con chi si prende cura dei vostri figli. Le regole se stabili e ferme infondono al bambino sicurezza e contenimento.
Dopo la Crisi…
Scemata la crisi, dopo averla/lo consolata/o ci servirà tutto quello che abbiamo imparato osservando il comportamento anteriore alla crisi per restituirle/gli un senso. Per fare un esempio possiamo descrivere cosa è successo iniziando col dire ” forse ti sei sentita/o arrabbiato….”; “forse avevi bisogno di….”, e successivamente offrendo un’alternativa più accettabile e più utile rispetto a come risolvere il suo problema. Possiamo inoltre aggiungere qualcosa su come noi ci siamo sentiti/e come ad esempio “mi sono arrabbiata”.
Seguendo questi piccoli consigli le/gli offriremo contenimento emotivo, imparerà a gestire le proprie emozioni e comprenderà che qualunque cosa lei/lui faccia la/lo amiamo.