L’attaccamento è quel legame reciproco ed emozionale, che s’instaura tra bambino e figura principale di accudimento, che ha la funzione di assicurare la protezione dai pericoli. Il legame d’attaccamento svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo emozionale, affettivo e sociale ma anche nella costruzione dell’autonomia.
Cos’è l’attaccamento?
L’importanza delle esperienze infantili con la figura che principalmente si prende cura del bambino è stata messa in luce da John Bolwby, attraverso la sua teoria dell’Attaccamento. Tale legame è il risultato dell’attivazione di schemi comportamentali innati in grado di assicurare ai piccoli la vicinanza materna o paterna e la protezione dai pericoli. Vi sono dunque due classi di comportamento: i comportamenti di segnalazione e i comportamenti, come ad esempio piangere, sorridere, vocalizzare, e i comportamenti di accostamento come seguire il/la caregiver e l’aggrapparsi.
Per sintetizzare, ogni qual volta il bambino si trova di fronte ad un pericolo, reale o immaginato, attiva dei comportamenti in grado di determinare, nella figura di accudimento principale, una risposta di vicinanza e calore affettivo.
Come si sviluppa l’attaccamento
L’attaccamento si sviluppa attraverso 4 fasi principali:
1) Dalla nascita fino al secondo mese di vita circa, in cui si manifestano segnali come il pianto e l’aggrapparsi ma in maniera indiscriminata tra persone diverse.
2) Dai 2 ai 6 mesi, il bambino produce segnali diretti ad una persona specifica, la cosiddetta Figura di Attaccamento. In questa fase, il bambino non protesta all’allontanamento del caregiver ma presenta ansia quando viene lasciato solo.
3)È in questa fase che si struttura il legame di attaccamento vero e proprio. Intorno all’ottavo mese fino ai 2 anni di età, infatti, il bambino crea un contatto preferenziale con la figura di accudimento – la segue, piange se questa si allontana e compaiono “la protesta alla separazione“, “l’ansia da separazione” e la “paura dell’estraneo. L’ansia della separazione si manifesta in assenza o di fronte all’indisponibilità della madre ed è segnalata dagli stessi comportamenti che avrebbe in presenza di un pericolo reale.
4)Nell’ultima fase, che inizia intorno ai 18 mesi di vita del bambino si crea una relazione reciproca, non più unilaterale, in cui anche il bambino comincia ad adattarsi alle necessità della madre. Sarà, dunque, più disponibile ad aspettare il suo ritorno, e accetta di stare lontano dalla figura di attaccamento per un po’.
UNA BASE SICURA
Già dalla terza fase il piccolo, impara ad usare il caregiver come “base sicura”, per poter esplorare l’ambiente circostante. A questo punto può, infatti, esplorare il mondo poiché sa che, in caso di pericolo, può tornare alla base, sicuro che ci sarà in caso di necessità.
Attraverso le varie fasi e grazie alle interazioni avvenute, il bambino impara a regolare le proprie emozioni.
Stili di attaccamento
Sulla base degli studi di Mary Ainsworth, sono stati individuati 4 diversi stili o tipi di attaccamento con comportamenti tipici evidenziati intorno all’anno di età:
1) Attaccamento sicuro: Seppure si possa manifestare con segnali di sconforto e pianto alla separazione con la figura d’attaccamento, il bambino continua a giocare e ad esplorare l’ambiente attivamente anche quando lei non c’è. Al ricongiungimento, il bambino va incontro al caregiver, si lascia abbracciare e riprende a giocare.
2) Attaccamento ambivalente: Quando il bambino è con la figura di attaccamento rimane stretto a lei. Al momento della separazione mostra segni di sconforto e non esplora l’ambiente circostante quando il caregiver si allontana. Al ricongiungimento può rifiutare di farsi prendere in braccio e fa fatica a calmarsi.
3) Attaccamento Evitante: sia in presenza che in assenza del caregiver il bambino è preso dal gioco e mostra una pseudo-autonomia. Mostra inoltre una sorta di indifferenza alla separazione ma anche alla riunione.
4) Attaccamento disorganizzato: possono mostrare comportamenti al ricongiungimento con la figura di attaccamento quali rimanere immobili, dondolarsi, coprirsi gli occhi.
L’influenza sulle relazioni future
Attraverso i continui scambi affettivi e sociali con la figura di attaccamento si costruiscono i cosiddetti Modelli Operativi Interni. Questi ultimi sono delle rappresentazioni interiori, delle immagini di sé e della figura di attaccamento che serviranno per interpretare le informazioni provenienti dal mondo esterno e delle nuove relazioni per tutta la vita. Possiamo immaginarli come dei copioni, che ci porteranno ad avere aspettative specifiche sul mondo e sugli altri.
I modelli operativi interni, in altre parole, spiegherebbero perché tendiamo a mettere in atto gli stessi comportamenti con partner diversi.
Per semplificare, le persone che hanno sperimentato un legame primario caratterizzato da imprevedibilità rispetto alle richieste di vicinanza affettiva, potrebbero, in età adulta, percepire le altre persone come inaffidabili. Le persone con attaccamento ambivalente sperimenterebbero, di conseguenza, un forte bisogno di presenza e attenzioni da parte della figura amata. Al contrario una persona con attaccamento evitante potrebbe non aspettarsi nulla di buono dagli altri. Sarebbe, dunque, maggiormente incline a controllare le proprie emozioni, a non fidarsi, a non chiedere aiuto, a non esporsi in situazioni per paura di essere rifiutati.
Per approfondire maggiormente l’argomento del legame tra attaccamento e relazioni sentimentali si rimanda all’articolo Sei single da tanto tempo? Nuovi studi potrebbero spiegarti perché!